Mancata assegnazione di insegnanti di sostegno agli alunni disabili
Danni ipotizzabili

Una recentissima sentenza della quarta sezione del TAR di Napoli (sent. 2 dicembre 2019, n. 5868) ha chiarito i tipi di danni che può essere chiamata a risarcire la pubblica amministrazione nel caso in cui non assegni gli insegnanti di sostegno agli alunni disabili.

Secondo la citata sentenza, nel caso di alunno affetto da handicap ai sensi dell’art. 3, l. 5 febbraio 1992 n. 104, il danno da mancato insegnante di sostegno può ascriversi astrattamente ad entrambe le categorie fenomeniche del danno dinamico-relazionale e del danno da sofferenza, concretizzanti danno non patrimoniale ai sensi dell’art. 2059 c.c.; nella prima rientra la mancanza dell’insegnante protratta per un tempo idoneo a compromettere la finalità di inclusione e aiuto al quale la figura dell’insegnante di sostegno è deputata, fino a ricomprendere le degenerazioni sul piano della salute che siano frutto della somatizzazione della situazione di disagio scolastico che è conseguente al mancato sostegno; nella seconda rientrano le sofferenze e i patemi d’animo puri, frutto della sofferenza che il disabile provi nel ritrovarsi in classe ma senza insegnante di sostegno; sofferenze che possono essere acuite da situazioni del caso concreto che di volta in volta possono verificarsi.

Ha preliminarmente chiarito la Sezione che sia pure con tempi e con numeri che non sempre soddisfano le famiglie, le assunzioni “in deroga” sono disposte nella prassi, sulla base delle procedure previste dal Ministero, che, prima dell’inizio di ogni anno scolastico, emana una circolare recante le linee guida per la distribuzione dei posti disponibili. Il sistema si basa sulla dotazione di organico astrattamente prevista, salvo poi successivamente adeguarsi alle sopravvenienze all’inizio dell’anno o in corso d’anno, posto che qualsiasi attività contraria ai contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 890 del 2010 sarebbe chiaramente illegittima. Nella disciplina generale relativa alla gestione degli organici degli insegnanti, compresi quelli di sostegno, si inserisce la normativa specifica in materia di tutela dei disabili, e quindi la l. 5 febbraio 1992, n. 104. Essa costituisce tuttora la base insuperata della disciplina in materia, avendo il merito di aver superato la legislazione precedente che si basava sul sistema delle classi differenziate e applicava principi non esattamente rispondenti ad una finalità di integrazione, come tali ritenuti incostituzionali.

Ha poi affermato la Sezione che tutte le controversie che hanno ad oggetto l’annullamento dei provvedimenti degli istituti scolastici che non assegnano agli alunni diversamente abili il giusto numero di ore di sostegno, in relazione alla patologia riportata e documentata da ciascuno di essi, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia dei pubblici servizi, ex art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.; ciò in quanto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ricomprende la tutela dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, anche se la relativa lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale che sia però espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti autoritativi della p.a.; in particolare, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella materia dei pubblici servizi, ex art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. tutte le volte in cui a un alunno diversamente abile non venga assegnato l’insegnante di sostegno per il numero di ore adeguato alla patologia dalla quale è affetto, sia che ciò dipenda dalla mancata elaborazione del Programma Educativo Individuale (P.E.I.) da parte dei soggetti tenuti a farlo, sia nell’ipotesi di P.E.I. redatto ma privo dell’indicazione delle ore da attribuire al singolo alunno, sia in caso di mancato adempimento alle prescrizioni di un P.E.I. completo e riportante l’esatto numero di ore assegnate al disabile. Ciò in quanto le carenze nell’attribuzione delle ore di sostegno, lungi dal rappresentare discriminazione a danno del disabile, costituiscono disfunzioni nella gestione del servizio, e, quindi, prescindono dalla completezza o meno del P.E.I., dovendosi escludere che tale completezza determini un effetto ablativo del potere autoritativo-discrezionale in capo all’Amministrazione scolastica.

Sussiste invece la giurisdizione del giudice civile in caso di domanda giudiziale che abbia ad oggetto la violazione dell’art. 3, l. 1 marzo 2006, n. 67 prospettandosi che l’Amministrazione scolastica, non assegnando l’insegnante di sostegno ad un alunno diversamente abile o assegnandolo per un numero di ore inferiori a quelle necessarie in base alla patologia documentata in atti, abbia posto in essere un comportamento discriminatorio danno dell’alunno disabile.

Ha poi affermato il Tar che l’attribuzione al minore, da parte dell’Amministrazione scolastica, di un limitato numero ore di sostegno in mancanza del documento tecnico che ne stabilisca la finalità concreta oppure che, seppur redatto, ne ometta la quantificazione in relazione alla patologia di cui il disabile è portatore, oppure ancora che, seppur quantifichi, non venga eseguito, comporta la declaratoria di illegittimità dei provvedimenti impugnati, per la violazione della normativa costituzionale (art. 33 e 38 Cost.) e di legge ordinaria (art. 12, l. n. 104 del 1992) avente ad oggetto il diritto allo studio dei disabili e i principi di inclusione ed uguaglianza di cui agli artt. 2 e 3 Cost.

Nel caso di alunno affetto da handicap ai sensi dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, si configurano astrattamente: a) un danno non patrimoniale da lesione di tipo relazionale tutte le volte in cui l’insegnante non viene assegnato o vi è fruizione per un numero minore di ore rispetto a quelle necessarie in base alla specifica patologia o richieste dal P.E.I, in quanto la privazione dell’insegnante di sostegno compromette l’apprendimento e l’inclusione dell’alunno diversamente abile in violazione dei diritti all’istruzione e all’inclusione garantiti dalla Carta Costituzionale, purchè abbia una durata temporalmente apprezzabile in base alle circostanze del caso concreto; b) un danno non patrimoniale di tipo morale soggettivo tutte le volte in cui vi sia un collegamento tra privazione dell’insegnante di sostegno e patema d’animo conseguente all’umiliazione patita dall’alunno diversamente abile per essere stato inserito in una classe di soggetti normodotati nella quale, a causa della disabilità non adeguatamente compensata con la dovuta assistenza, l’alunno è andato incontro ad umiliazione, sofferenza, tristezza, vergogna, perdita di fiducia.

Ad avviso del Tar il danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c. da mancata o parziale attribuzione dell’insegnante di sostegno va inteso nella sua doppia dimensione fenomenologica, una di tipo relazionale (il danno biologico-esistenziale, destinato a esplicare un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali), e l'altra di natura interiore (danno morale soggettivo) e va risarcito al pari di tutti gli altri danni derivanti da lesioni di diritti, diversi dalla salute, costituzionalmente tutelati e riferibili anche alle ripercussioni sulla vita privata contrastanti con l’art. 32 Cost. e con i principi affermati dagli artt. 3 e 7 della Carta di Nizza recepita dal Trattato di Lisbona e dell’art. 8 della Cedu.

Ha poi affermato il Tar che non può astrattamente ipotizzarsi un danno dinamico- relazionale per mancata assegnazione dell’insegnante di sostegno ad un alunno affetto da handicap ai sensi dell’art. 3, l. n. 104 del 1992, laddove il tempo trascorso tra l’inizio dell’anno scolastico e l’attribuzione dell’insegnante di sostegno sia una piccola percentuale rispetto alla durata dell’anno scolastico stesso.

Ha ancora aggiunto che in materia di mancata/parziale assegnazione dell’insegnante di sostegno ad un alunno affetto da handicap ai sensi dell’art. 3, l. n. 104 del 1992, non può essere accolta la domanda risarcitoria ex art. 2059 c.c. senza un previo giudizio di annullamento dei provvedimenti asseritamente illegittimi oppure senza aver cercato di orientare da subito l’azione dell’Amministrazione mediante la tempestiva proposizione dell’istanza cautelare, in quanto ai sensi dell’art. 30, comma 3, cod. proc. ammin., che richiama l’art. 1227 c.c., il giudice esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti; spetta al giudice amministrativo valutare - senza necessità di eccezione di parte ed acquisendo anche d’ufficio gli elementi di prova all’uopo necessari - se l’esperimento del rimedio giurisdizionale avrebbe potuto consentire l’eliminazione del danno, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica.

Nei relativi giudizi è ammesso l’uso pressoché costante del ragionamento probatorio basato sul sistema delle presunzioni semplici di cui all’art. 2727 e ss. c.c., in quanto, fatta eccezione per le prove legali, tutte le prove sono liberamente valutabili dal giudice che può porre a fondamento del suo convincimento anche (e solo) quelle di natura presuntiva, purché la scelta, e la valutazione, del materiale probatorio sia sorretta da adeguata, e logicamente non contraddittoria, giustificazione.

Il giudice amministrativo può liquidare il risarcimento del danno non patrimoniale per mancata o parziale assegnazione delle ore di sostegno dovute in base alla patologia ad un alunno portatore di handicap ai sensi dell’art. 3, l. n. 104 attraverso l’uso di una tabella appositamente strutturata, quale esplicazione della regola equitativa di cui all’art. 1226 c.c., adottabile quando mancano criteri stabiliti dalla legge, purché ciò avvenga garantendo non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari. Tale tabella può essere costruita adottando criteri predefiniti adatti alla tipologia in esame, accanto ai quali vanno previsti criteri per il calcolo del danno morale e per la personalizzazione di quello dinamico-relazionale, così come enunciato dall’art. 138 del Codice delle Assicurazioni.

Laddove il giudice amministrativo decida, similmente a quanto fatto negli anni dal giudice civile per la liquidazione del danno alla salute, di adottare una apposita “ tabella” per la liquidazione del danno non patrimoniale per mancata o parziale assegnazione delle ore di sostegno dovute in base alla patologia ad un alunno portatore di handicap ai sensi dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, deve individuare il valore economico del “punto base” e il concreto incremento del punto in funzione dei parametri di aggravamento predeterminati, che sono; a) la sofferenza patita per la privazione, secondo una scala che tenga conto della lesione da danno dinamico-relazionale; b) la sofferenza morale subita, la quale, una volta accertata, corrisponde a una percentuale del danno di cui al punto a). Tale sistema ha il vantaggio di fornire una unità liquidativa complessiva e comunque equitativa, basata su due differenti fattispecie (danno da relazione e danno da sofferenza) che continuano ad essere diverse sotto un profilo fenomenologico e, come tali, autonomamente accertate, ma mantengono unitarietà nella liquidazione, così consentendo il rispetto del principio dell’unità del danno patrimoniale, sia pur entro il limitato aspetto liquidativo. Il giudice può liberamente graduare i cd. punti scala, abbinando loro un diverso livello risarcitorio ancorato a un parametro oggettivo che sia adeguato, per tipologia, al caso concreto.

Laddove, invece, il giudice amministrativo costruisca una apposita “ tabella” per la liquidazione del danno non patrimoniale per mancata o parziale assegnazione delle ore di sostegno dovute in base alla patologia ad un alunno portatore di handicap ai sensi dell’art. 3 della legge 5 febbraio 1992 n. 104, il cd. punto scala può essere parametrato alla “indennità di frequenza” di cui all’art. 1 della l. 11 ottobre 1990 n. 289 e fissato nella somma equitativa di euro 300,00. Per collocare il caso singolo all’interno della scala “ di sofferenza”, il giudice amministrativo può utilizzare quali parametri di valutazione: A) per il danno dinamico – relazionale: 1) il fattore “tempo della privazione”, da calcolarsi in termini di mesi o dell’intero anno scolastico; 2) l’eventuale reiterazione della mancata assegnazione laddove sia allegata dai ricorrenti la “recidiva” quale mancata o ritardata assegnazione anche negli anni scolastici precedenti; 3) la tipologia di disabilità (disabilità grave, art. 3 comma 3, oppure meno grave, art. 3 comma 1 della l. 104/92); 4) il grado di scuola frequentato (scuola dell’infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo o secondo grado) e la classe di appartenenza, nonché il tempo trascorso a scuola (se siano ad esempio praticate terapie extra scolastiche o meno); 5) il contesto familiare di riferimento (se vi sia supporto della famiglia; se vi siano altri figli disabili; se i genitori lavorino tutti e due o meno). B) per il danno morale soggettivo da lesione all'integrità fisica, la quota è incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione.

 

fonte: www.giustizia-amministrativa.it

 

06/12/2019